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IL VIAGGIO DI ERNESTO CAUDERA - CON MI DESEO CON MI TEMOR
E' da qualche tempo che sono inquieto, turbato, non ne posso più, lo so, devo partire, ho bisogno di farlo. E mi costa da morire, mi strugge, mi fa sudare. Ma cosa mi pesa di più? Stare qua a far finta di star bene, con i miei settant'anni, la mia pensione, la mia buona salute, la mia boita o seguire la mia passione e salpare? Seguire, accompagnare il destino che sta lì, dentro di me da cinquant'anni e più: può essere sogno, illusione, una chimera mia che allevo dentro; la pagherò tutta ma ci voglio andare, ci devo andare a Buenos Aires. Da quando, bambino, ho visto mio padre ballare il tango su di un di un ballo a palchetto, al paese, ho capito tutto e qualcosa mi è girato dentro, proprio nelle viscere. Ho visto i suoi occhi brillare mentre afferrava mia madre in quel modo stretto, i corpi così aderenti, incedenti in una danza sinuosa, dal ritmo sentimentale e sensuale che ne fui tremendamente geloso, ma volli essere come lui, come loro.
Fui geloso sì, in quel momento, ma è una diversa passione a muovermi, ora; come la Malena del tango ora sento.. pena de bandoneon. La sento qui nel cuore come una stretta, che mi spinge, mi chiama là a Baires, voglio sentire quelle arie buone, non mi importa niente dello smog che dicono, voglio scendere a la Boca e cercarmi il Caminito amigo, que entonces estabas bordeado de trebol y yuncos en flor e scendere alla Vuelta de Rocha. Voglio andare al Sud, a quel Sud, all'emisfero australe, come dicono, vedere quel Rio de la Plata e tutta quella gente che va e viene per le Avenidas. Lo dico ogni giorno in casa alla mia Carmela o Carmen, come mi piace chiamarla: Vuelvo al Sur, quiero al Sur, sueño el Sur, e lei non sa ancora niente, non sa cosa mi gira per la cabeza. Mi dice - Ernesto, cos'hai? Vuoi andare al mare, vuoi andare in Sicilia? - e poi sorride.
Poveretta, mia moglie, non le ho nemmeno fatto fare il viaggio di nozze; non avevamo una lira da parte, allora, ma soprattutto, io non volevo andare da nessuna parte, non volevo viaggiare, partire. Stare qui, al solito posto in questa fumosa città, prendere soltanto un treno, una corriera ed andare magari a Genova, che mi sembra ancora così lontana ed esotica. Restare qui con gli amici del bar, i compagni dell'officina, i parenti, l'orchestra della Sala Gay, del Blechenduait Lutrario, poi Leroy.
Sono restato incollato, appiccicato a questi marciapiedi, a questo quartiere per settant'anni, ho consumato le lose di Torino con i miei passi, fingendo di non aver paura, ho rinunciato persino a delle trasferte vantaggiosissime in Russia, in Bulgaria, per non morire di batticuore, di sudore, per non inzuppare camicie e magari anche mutande. E pensare che passo per un tipo solido, addirittura coraggioso e invece partire mi fa morire.
Solo Carmen lo sa e tiene nascosto tutto; una volta mi sgridava anche, poi ha perso pian piano anche lei la voglia di svagarsi viaggiando. L'unico grande svago è stato il ballo, con Carmen ci siamo conosciuti alla Sala Gay, ci siamo conosciuti con i mambi e le rumbe, e poi l'ho introdotta al tango, dove ha messo tutta sé stessa, l'ho sentita dentro ed abbiamo fatto una bella coppia di ballo e di famiglia; ora i figli sono grandi, non hanno più bisogno di noi, e noi siamo sempre qui.
Ma l'anno scorso ne ho fatto una grossa, ho deciso di finirla, di farmi quasi violenza e siamo partiti, Carmencita stralunava dalla gioia. Ho preso uno di quei viaggi a buon prezzo per Barcellona, che secondo tutti non è lontana; per la prima volta ci siamo imbarcati su di un aereo e mentre salivamo su quella scaletta e Carmen mi stringeva un braccio, mi scoppiava il cuore, malgrado le pastiglie di calmante e mi sentivo male e mezzo ciucco: per sentire un po' di sabor latino ho fatto questo. Siamo stati bene, talmente bene che ci siamo pure fermati una settimana in più, in un alberghetto da buon prezzo, e dopo quarant'anni abbiamo visto veri ballerini di flamenco e di salsa, abbiamo ballato anche noi, abbiamo fatto finalmente il viaggio di nozze, abbiamo fatto follie. Per cui un po' mi sento collaudato ai viaggi e voglio fare ora il grande passo, forse l'ultimo, finché sono in tempo, perché voglio tornare a una patria che non ho mai gustato, voglio Volver, voglio Baires, ballare in una bodega de tangos e magari anche morirci: la afferrerò, la annuserò, la ascolterò: là voglio andare
vivere la mia Argentina:
Vuelvo al Sur,
como se vuelve siempre al amor,
vuelvo a vos,
con mi deseo, con mi temor,
siento el Sur,
como tu cuerpo en la intimidad,
come dico ed sempre ho detto alla mia Carmencita.
Copyright © Mario Bianco, 2003
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